In occasione dell’uscita ufficiale di Death Stranding 2: On the Beach, Hideo Kojima ha preso parte a un evento celebrativo trasmesso in live streaming, accompagnato da ospiti del calibro di Kenjirō Tsuda, Gen Hoshino, Mamoru Oshii e Usada Pekora. Ma prima che il sipario si alzasse sul palco, Kojima ha partecipato a un’intervista esclusiva nella quale ha riflettuto sul significato della connessione umana e sull’evoluzione del suo lavoro dopo la pandemia.
La tecnologia non basta: la vita è fatta di scelte impreviste
Kojima ha condiviso una riflessione profonda sulla società contemporanea, dominata dalle connessioni digitali e dagli algoritmi predittivi. Secondo lui, è proprio l’eccesso di guida invisibile, la tendenza a lasciarsi portare dalle raccomandazioni dell’IA o dei social, che rischia di appiattire l’esperienza umana. “La vita ha bisogno di casualità, di entrare per caso in un bar sconosciuto o incontrare qualcuno per strada”, ha detto il creatore della serie.
Per Kojima, la rete è uno strumento utile, soprattutto in tempi difficili come la pandemia, ma va usata in modo consapevole. “La domanda da porsi è: che tipo di vita vuoi costruire attraverso la tecnologia?”.
Dalla pandemia alla riscrittura: la nascita del sequel
Kojima ha rivelato che l’idea per Death Stranding 2 esisteva già da tempo sotto forma di “fantasie su Sam”, ma che la pandemia ha cambiato radicalmente i piani. Ha ammesso con ironia di aver persino immaginato un finale romantico tra Sam e Fragile, con tanto di illustrazioni, poi completamente accantonato dopo il Covid. “Dovevo riscrivere tutto da capo, il mondo era cambiato”, ha spiegato.
Il risultato è un’opera che, pur rimanendo fedele allo spirito originale, risponde alle domande emerse negli ultimi anni, con un ritmo più serrato, un sistema di gioco rivisitato e nuove possibilità di interazione.

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