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Projected Dreams: Recensione, Gameplay Trailer e Screenshot

Projected Dreams è un puzzle game in prima persona che si distingue per la sua atmosfera intima, introspettiva e nostalgica. Al centro dell’esperienza c’è Senka, una giovane donna che rivive i propri ricordi osservando vecchie fotografie in una stanza dal gusto retrò. Non ci sono dialoghi né testi esplicativi: tutto è affidato al linguaggio silenzioso degli oggetti, delle ombre e della musica. Questo approccio minimalista dà forma a una narrazione delicata, che invita il giocatore a ricostruire il passato attraverso le sensazioni, non attraverso le parole.

Il cuore del gameplay si basa sulla manipolazione fisica di oggetti per proiettare ombre su una parete, ricreando sagome precise tratte da ricordi. Ogni livello è un piccolo enigma tridimensionale: si ruotano, si impilano e si combinano elementi quotidiani per far emergere una figura riconoscibile dalla loro ombra. La difficoltà non sta tanto nella complessità degli enigmi, quanto nella precisione richiesta per ottenere il risultato perfetto. In alcuni casi, la fisica può risultare incerta, con oggetti che scivolano o si incastrano in modo poco naturale, ma il gioco riesce comunque a mantenere un ritmo rilassato e mai frustrante.

L’esperienza è volutamente lenta e contemplativa. Non esistono timer, punteggi, né pressioni esterne. Si procede per puro piacere di esplorare, scoprire e sperimentare. Ogni livello introduce nuove meccaniche come fonti di luce multiple, strumenti per unire o separare oggetti, e variazioni negli ambienti. Questa evoluzione mantiene alta l’attenzione e stimola il giocatore a cercare soluzioni creative, senza mai cadere nella ripetitività.

L’aspetto visivo è un altro punto di forza. Il gioco adotta uno stile grafico caldo, ispirato ai toni pastello degli anni ’90, con modelli semplici ma ricchi di personalità. Gli oggetti da manipolare non sono solo funzionali, ma evocano ricordi autentici: console portatili, cubi, macchinine, giocattoli di plastica. Tutto contribuisce a creare una dimensione visiva profondamente nostalgica e familiare, che ben si sposa con il tema del ricordo.

La colonna sonora accompagna in modo discreto ma efficace, con tracce ambientali che variano da malinconiche a rassicuranti. Ogni brano sembra studiato per amplificare le emozioni evocate dalle immagini e dal contesto. Si possono trovare musicassette collezionabili che arricchiscono ulteriormente la componente audio, offrendo momenti di vera immersione emotiva.

In termini di durata, Projected Dreams si attesta attorno alle tre o quattro ore per un primo completamento, con un buon margine di rigiocabilità grazie alla presenza di livelli segreti, collezionabili e punteggi basati sulla precisione delle sagome. Nonostante la sua breve durata, il gioco riesce a trasmettere un’esperienza piena, chiusa e coerente, senza filler o momenti superflui.

Projected Dreams è un titolo adatto a chi cerca qualcosa di diverso, a chi apprezza le esperienze lente, riflessive, e fortemente simboliche. Non è un puzzle game per chi vuole sfide meccaniche complesse o adrenalina, ma per chi vuole fermarsi, osservare, ricordare. È un piccolo viaggio nella memoria e nell’infanzia, che attraverso il gioco con la luce e l’ombra riesce a parlare di temi universali come l’identità, il tempo e l’assenza. Un’esperienza breve, ma autentica, profondamente umana.

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