Stellar Blade si presenta come una dichiarazione d’intenti chiara e ambiziosa da parte di Shift Up, uno studio sudcoreano al debutto console, che ha voluto realizzare un action game visivamente spettacolare, meccanicamente appagante e dotato di un forte impatto stilistico. Il risultato è un’opera che riesce a eccellere proprio nei suoi elementi di maggiore esposizione, ovvero il combat system, la direzione artistica e il design dei nemici, ma che risulta drammaticamente carente sotto il profilo della narrazione, dello sviluppo dei personaggi e della struttura secondaria del gameplay, come le missioni e il backtracking.
La protagonista, Eve, è una guerriera d’élite inviata sulla Terra devastata per affrontare i Naytiba, creature mostruose responsabili dell’esodo dell’umanità nello spazio. Il mondo che ci viene mostrato è un classico della fantascienza post-apocalittica, dove la speranza è appesa a un filo e l’ultima enclave umana, Xion, rappresenta il simbolo della resilienza e dell’illusione di una rinascita. Tuttavia, la storia si sviluppa secondo binari estremamente prevedibili, con il classico recupero di quattro artefatti (i cosiddetti Hypercore), ognuno sorvegliato da un boss, che fungeranno da pretesto per approfondire le cause del collasso del pianeta. Le rivelazioni che ne derivano sono deboli, scontate e raramente sorprendenti. A peggiorare il tutto, manca completamente una costruzione narrativa capace di generare tensione o affezione emotiva nei confronti dei personaggi coinvolti.

La scrittura di Eve è l’emblema di questo fallimento: nonostante sia la protagonista assoluta, dopo oltre 30 ore di gioco non emergono elementi caratteriali distintivi. È descritta come disciplinata, devota alla missione, legata a Tachy, ma al di fuori di questo è un guscio vuoto. Non ha ironia, non ha momenti di vulnerabilità, né mostra una reale evoluzione psicologica. Il problema si estende anche agli altri personaggi principali, Adam e Lily, che pur essendo centrali nella storia, risultano privi di profondità, senz’anima, e le loro dinamiche relazionali non trovano mai un terreno credibile su cui attecchire. I dialoghi sono freddi, funzionali, mai incisivi, incapaci di evocare alcuna empatia o coinvolgimento.
Fortunatamente, il vero cuore pulsante di Stellar Blade è il suo sistema di combattimento, ispirato in maniera evidente a Sekiro: Shadows Die Twice, ma con una propria identità ben marcata. Il focus è sulla difesa attiva, dove la parata perfetta (parry) è la chiave per disintegrare la barra dell’equilibrio del nemico e aprire la strada a un attacco devastante. Ogni tipo di attacco nemico è telegrato con precisione cromatica: il giallo indica un colpo completamente imparabile da evitare con una schivata; il blu richiede un blink in avanti per passare dietro al nemico; il viola segnala un colpo repulsabile, ovvero da deviare con un tempismo millimetrico mentre ci si ritira. Questo sistema rende ogni scontro tattico, reattivo, e fortemente centrato sulla precisione del giocatore, offrendo un senso di soddisfazione crescente man mano che si padroneggiano i tempi e i pattern avversari.

A impreziosire ulteriormente il combat arrivano le Beta Skills, abilità speciali che Eve può attivare spendendo Beta Energy, accumulata attaccando e parando. Queste tecniche servono a gestire gruppi, distruggere scudi, colpire da distanza o massimizzare il danno su un singolo bersaglio. Ma l’aspetto strategico cresce davvero con l’introduzione delle Burst Skills, mosse ancora più potenti e scenografiche che si caricano con meccaniche più complesse come il repulse o lo scambio energetico con i Beta Point. Il giocatore è spesso chiamato a decidere sul momento se spendere l’energia per un attacco immediato o risparmiarla per una mossa ad alta potenza successiva. Questo continuo bilanciamento tra rischio e ricompensa è uno dei punti di maggiore profondità ludica.
Un altro aspetto dove Stellar Blade dà il meglio è nel design dei nemici. I Naytiba sono tra i mostri più stilisticamente affascinanti visti in un action degli ultimi anni. Ci sono oltre quaranta tipi diversi, molti dei quali variano per armi, movimenti e strategie d’attacco. I boss, in particolare, sono sempre imponenti, aggressivi, memorabili, e ciascuno offre un set di mosse unico che obbliga il giocatore ad adattarsi. Il combat riesce a rimanere fresco fino alla fine proprio grazie alla variabilità degli scontri, unita a una curva di progressione ben costruita in cui nuove abilità, armi secondarie e strumenti come il drone da polso, vengono introdotti con tempismo perfetto.

Nel tempo libero tra un combattimento e l’altro, Eve può dedicarsi a una gamma di attività RPG-lite: esplorare Xion, interagire con NPC, completare quest secondarie, modificare il proprio look con decine di outfit e acconciature, spendere punti abilità nei tre rami principali (attacco, sopravvivenza, Beta Skills). Tuttavia, l’aspetto ruolistico del gioco è quello meno riuscito. Le missioni secondarie sono spesso banali fetch quest: recupera un oggetto, ritorna al mittente, ripeti. Alcune sono perfino frustranti, in quanto ti costringono a tornare in aree già completate, prive di modifiche o sorprese, con un backtracking pigro e scarsamente motivato. Le ricompense raramente valgono la fatica, soprattutto l’oro, che diventa pressoché inutile nella seconda metà dell’avventura, dato che materiali e consumabili si trovano abbondantemente sul campo.
La situazione migliora invece sul piano dell’esplorazione, con due zone open world compatte ma dense, piene di collezionabili, battaglie segrete, potenziamenti permanenti, capi rari, oggetti estetici, e soprattutto costumi alternativi per Eve. Qui si nota un’attenzione alla personalizzazione ricca e gratificante: ci sono outfit sexy, eleganti, sportivi, da battaglia e anche bizzarri. È raro trovare un gioco moderno in cui queste skin siano completamente sbloccabili in-game, senza microtransazioni, e la cosa è estremamente apprezzabile.

Da segnalare anche le variazioni di gameplay: ci sono livelli in stile survival horror, sezioni narrative ambientali in laboratori bui e privi di armi, sequenze cinematiche à la Uncharted, e momenti platform. Alcuni di questi funzionano bene e offrono una gradita rottura dal loop d’azione, altri meno (il platforming, in particolare, è goffo e poco rifinito), ma l’intento di variare il ritmo è evidente e spesso efficace. Sul fronte tecnico, Stellar Blade è impeccabile. Il gioco gira in modo stabile in tutte le modalità grafiche, e anche in quelle a framerate elevato mantiene una buona qualità visiva.
Nessun problema di stuttering, tempi di caricamento minimi, e una fluidità generale sorprendente per uno studio al primo tentativo. L’Unreal Engine è stato sfruttato con abilità, e la direzione artistica è tra le più affascinanti degli ultimi anni nel panorama degli action game. Stellar Blade è un titolo polarizzante ma profondamente riuscito nella sua anima action. Delude chi cerca una storia coinvolgente, personaggi memorabili o una narrativa ricca di sfumature, ma conquista pienamente chi desidera un sistema di combattimento profondo, ritmato, spettacolare, e una direzione artistica potente.

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