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Ubisoft nella causa legale sulla chiusura di The Crew: Non è mai stato vostro

La decisione di Ubisoft di chiudere definitivamente i server di The Crew ha acceso una controversia legale con un gruppo di giocatori californiani, culminata in una class action. Dopo la causa intentata dai consumatori, Ubisoft ha risposto a fine febbraio con una richiesta formale di archiviazione del caso, sostenendo che gli utenti non hanno mai acquistato il gioco in senso pieno, ma solo una licenza limitata d’uso.

Ubisoft: nessuna “proprietà piena” sul gioco

Secondo i legali dell’azienda, i giocatori non potevano ragionevolmente aspettarsi un diritto di proprietà permanente. La documentazione legale analizzata da Polygon evidenzia come la confezione del gioco indicasse già al momento dell’acquisto che si trattava di una licenza, e non di un acquisto definitivo.

“I querelanti adottano un approccio ‘lavandino della cucina’, elencando otto capi d’accusa… ma ignorano il fatto che Ubisoft ha sempre comunicato chiaramente i termini di utilizzo,” si legge nella memoria difensiva.

I problemi derivanti dalla natura online-only

Il problema nasce dal fatto che The Crew, pubblicato nel 2014, è stato progettato come un gioco esclusivamente online. Quando Ubisoft ha spento i server nel 2024, il titolo è diventato completamente inutilizzabile, anche in single-player. I rimborsi sono stati offerti solo a chi aveva acquistato il gioco di recente, lasciando esclusi la maggior parte degli utenti.

La controffensiva dei consumatori: licenze, false promesse e “gift card”

Il 18 marzo, i querelanti hanno risposto con una denuncia modificata, cercando di sanare le presunte mancanze legali evidenziate da Ubisoft e aggiungendo un nono capo d’accusa. Sostengono che Ubisoft abbia anche violato le leggi californiane sulle “gift certification”, facendo riferimento alla valuta interna del gioco, che secondo loro soddisferebbe i criteri legali per essere considerata una gift card, la quale non può scadere per legge in California.

Codici validi fino al 2099?

Un altro punto chiave dell’accusa è la presenza sulla confezione del gioco di una dicitura che afferma che il codice di attivazione non scadrà prima del 2099. Secondo i querelanti, questo implicava una promessa di accesso a lungo termine, mai rispettata. Ubisoft ha annunciato la chiusura solo nel 2023, quindi – sempre secondo l’accusa – non può invocare la prescrizione legale.

Il contesto più ampio: licenze, diritti digitali e nuove leggi

Questo caso evidenzia un problema crescente nel settore dei videogiochi digitali: il divario tra ciò che i consumatori credono di acquistare e ciò che effettivamente ottengono. La chiusura dei giochi online-only pone interrogativi su diritti, rimborsi e trasparenza.

Non a caso, nel 2024 il governatore Gavin Newsom ha firmato una nuova legge in California che obbliga le aziende a indicare chiaramente che l’acquisto riguarda una licenza e non un diritto di proprietà.

Con l’integrazione della nuova denuncia, i capi d’accusa sono ora nove. I querelanti chiedono che la corte certifichi la causa come class action. Ubisoft avrà tempo fino al 29 aprile per presentare una nuova risposta ufficiale.

La questione potrebbe diventare un caso pilota nella definizione dei diritti digitali dei consumatori nell’era del gaming online.

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